Tre stelle della fotografia internazionale attraverso il commento personale di Giuseppe Ceroni di Sudest 57.
Steve McCurry, Dario Mitidieri e Joey L. sono tre fotografi di grandissima fama che sono rappresentati in Italia dall’agenzia Sudest 57. Questi fotografi appartengono a tre generazioni diverse, provengono da nazioni diverse e hanno ognuno una storia differente. Tutti, però, hanno dimostrato lo straordinario potere che la fotografia può avere sulla società. I loro scatti hanno spesso avuto la capacità di accendere le luci dell’opinione pubblica su luoghi, culture, problemi e fragilità del nostro mondo.
Per scoprire come lavorano questi artisti e cosa li muove, abbiamo interpellato Giuseppe Ceroni che, con l’agenzia Sudest 57, lavora a stretto contatto con ognuno di loro. Occupandosi del settore della consulenza e produzione fotografica, Sudest 57 è infatti al fianco di questi fotografi nelle diverse fasi di sviluppo di specifici progetti commissionati, gestendo il loro rapporto con il committente e le parti contrattuali. Ecco allora, per chi ancora non li conoscesse, una breve introduzione su di loro.

Steve McCurry: la leggenda vivente
Nato nel 1950, non ha bisogno di presentazioni. È il fotografo in attività più conosciuto al mondo, una vera e propria popstar, con un pubblico ampio ed eterogeneo per età e estrazione sociale. Oltre ad avere realizzato alcune delle immagini più iconiche del secolo (sua è la “Ragazza Afghana”), ha un archivio fotografico composto da una quantità e una qualità impressionante di scatti, frutto di in una carriera che dura da più di 40 anni. Fra i tantissimi lavori, anche il progetto personale Imagine Asia l’associazione di cui è fondatore Steve McCurry con sua sorella Bonnie. L’associazione, realizza progetti concreti in Afghanistan con un’attenzione particolare ai bambini e le donne.
Dario Mitidieri: dalla parte dei diritti
Nato nel 1959, è un fotografo italiano di caratura internazionale e uno dei più premiati. Il suo è un lavoro da vero reporter, senza trucchi, ma con un approccio gentile e sensibile verso i temi trattati. In ogni sua fotografia ci sono intrecci di storie, racconti ed emozioni. Mitidieri è uno dei grandi ad avere “la foto iconica”, proprio come Steve McCurry, Henri Cartier-Bresson, Elliott Erwitt, James Nachtwey, Gianni Berengo Gardin e pochi altri. La serie “Lost family portraits” ha acceso l’attenzione mondiale sulla condizione delle famiglie siriane rifugiate in Libano.

Joey L.: oltre la fotografia
Nato nel 1989, è professionista dall’età di 17 anni, ed è uno dei giovani più interessanti nel panorama della fotografia internazionale. Il suo è un percorso significativo come ritrattista, storyteller e video-maker. Da sempre alterna produzioni commissionate al suo lavoro personale. Joey L. ha da poco pubblicato il suo ultimo libro “Ethiopia”, una raccolta di immagini di oltre di 10 anni di lavoro, ha ricevuto diversi riconoscimenti per il suo cortometraggio “People of the Delta”, e ha collaborato anche con molti brand impegnati in attività sociali.

Davanti a questi profili e ai loro lavori, abbiamo dunque chiesto a Giuseppe Ceroni qualche commento.
D. Secondo te, che li conosci anche personalmente, che cosa accomuna questi fotografi?
R. Può sembrare banale, ma ciò che accomuna questi grandi autori è la passione per il loro lavoro. Per esempio, ho visto con i miei occhi Steve McCurry prendere la macchina fotografica e uscire in strada per una sua sessione di street photography dopo una giornata intensa di shooting per un cliente… E lo stesso vale per Dario che ha sempre la sua Leica con sè. Ma anche Joey L., lui è l’incarnazione della dedizione al lavoro in tutte le sue fasi.
Dopo una lunga giornata di shooting, Steve prende la macchina e esce per strada per continuare a scattare.
D. E cosa, invece, li rende unici?
R. È difficile definire questi autori in una parola sola, ma posso dire che Steve McCurry è unico per il senso della composizione e il sapiente uso del colore, ma anche per la sua capacità di vedere la scena. Dario Mitidieri per la capacità di saper isolare la situazione e restituire i confini di una storia. Joey è unico per la sua metodologia di lavoro, che gli permette di avere sotto controllo ogni fase.
D. Oltre alla foto iconica, al singolo progetto personale, qual è il senso e il vantaggio per un brand, una Fondazione o un’organizzazione di attivare un progetto con professionisti come loro?
R. Sudest 57 nasce nel 2002 proprio con l’idea di mettere in connessione i grandi autori della fotografia con le aziende e le fondazioni per creare collaborazioni speciali per entrambe le parti. Poter comunicare attraverso artisti riconosciuti, che condividono la loro visione restituendo immagini più personali e coinvolgenti con una sensibilità diversa dai fotografi pubblicitari o di moda, portando energia, stimoli nuovi e dibattiti anche all’interno della vita aziendale. Inoltre i progetti così realizzati, entrano poi a far parte della storia del brand o della Fondazione. Per gli artisti, oltre che per l’aspetto economico, somme che spesso vengono reinvestite progetti personali di ricerca artistica, è un modo di accettare nuove sfide e condividere la loro arte.
D. Come nascono i migliori progetti di fotografia sociale?
R. Non esiste una sola ricetta, ma esistono tanti esempi diversi che possono dimostrare che è possibile costruire progetti potenti, capaci di avere impatto sulla società.
Possono essere progetti di raccolte fondi, come per esempio quello realizzato tempo fa per l’associazione “Doppia Difesa” con Eolo Perfido, per cui ha ritratto 30 uomini che tengono in mano una scarpa rossa, con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della violenza sulle donne.
Altri, come il già citato progetto “Lost Family Portraits” di Dario Mitidieri, che fu realizzato con l’organizzazione Cafod e l’agenzia M&C Saatchi per raccontare la crisi dei rifugiati siriani.
Ma anche progetti totalmente sostentuti da un brand, con uno scopo informativo/divulgativo, come il progetto di sostenibilità Tierra! di Lavazza, una documentazione fotografica realizzata in più di 10 anni da Steve McCurry; o quello di Joey L. per Novartis, che ha viaggiato in sei Paesi di quattro continenti per fotografare le storie che cambiano la vita di medici, scienziati e pazienti.
D. Le opportunità migliori nascono sempre e solo con produzioni nuove?
R. No, non per forza. Ricordo, ad esempio, la mostra “Children” organizzata a Bologna per la Giornata Internazionale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza proclamata dalle Nazioni Unite. in questa occasione furono selezionate alcune delle immagini di bambini più significative di Dario Mitidieri, Steve McCurry ed Elliott Erwitt, accendendo grande interesse mediatico sul tema e di pubblico. Venendo ad oggi, a novembre 2023 ci sarà GoodstArt la seconda edizione di un importante progetto charity con il mondo dell’arte. L’asta, realizzata con Christie’s e Triennale Milano raccoglierà fondi per il Centro di Riabilitazione neuromotoria per bambini che Fondazione Tog inaugura in autunno a Milano. Quattro dei nostri autori – Dario Mitidieri, Susi Belianska, Eolo Perfido e F31 – hanno donato ciascuno una fotografia a loro cara del loro archivio.
La fotografia ha la forza unica di poter trasmettere un messaggio in un istante ma si può anche rimanere a guardarla per ore.
D. E tu, credi davvero che la fotografia possa agire per il cambiamento?
R. Sì, io credo che un’immagine possa davvero trasmettere messaggi efficaci e agire sul cambiamento. O meglio, è già successo.