Jeremy Bogen, Senior Social Media Strategist di Blossom, sul legame tra social media e cambiamento sociale. Visioni e consigli.
I social media rappresentano ancora uno strumento rilevante per il cambiamento? In una parola: sì. Anche se i tempi stanno cambiando.
Fino ad oggi è stato un percorso lungo e movimentato, ma non si può negare l’effetto profondo che i social media hanno avuto sui movimenti sociali e sul mondo.
La verità, però, è che raggiungere e coinvolgere il pubblico sui social media per il mondo umanitario è diventato oggi molto più difficile di un tempo e, per alcuni, anche proibitivamente costoso. Oggi, restare nel feed del nostro pubblico richiede un grande impegno e un team social media ben oliato con competenze nella produzione di strategie realistiche, creatività accattivanti, storytelling coinvolgenti, contenuti persuasivi e promozioni mirate.
Social Media is dead. Long live Social media!
Anche se alcuni lo sostengono, non siamo in una “post-social media era”. L’idea di una “post-social media era” è un’idea illusoria e lontana dalla realtà del mondo in cui viviamo. I social media fanno parte di ogni aspetto delle nostre vite. Sono il luogo in cui leggiamo le notizie, comunichiamo con gli amici e i familiari, in cui ci isoliamo sentendoci comunque connessi con il mondo.

L’idea di una “post-social media era” è solo uno degli argomenti amati dagli “esperti” che vogliono a tutti i costi prevedere cosa verrà dopo, quale sarà la nuova tendenza.
Ma pretendere di conoscere la “next big thing” è praticamente impossibile anche per chi siede alle riunioni esecutive di X, Meta, TikTok, Google o Linkedin.
Certo, c’è sempre qualcosa di nuovo in cantiere, come Threads, lanciato di recente e che forse avrà successo o forse sarà il prossimo Google+.
Ma insomma, la parte più eccitante riguardo alla “next big thing” è che nessuno la vedrà arrivare, proprio come è sempre accaduto.

Nuove sfide
La comunicazione attraverso i social media per le ONG e il no profit era un lavoro molto più semplice agli albori; chiamiamola l'”era pre-monetizzazione”. La crescita organica e l’interazione erano guadagnate sul “campo”, non pagate. Le nostre strategie erano incentrate semplicemente sull’essere “social”, con narrazioni ben fatte.
Oggi per queste organizzazioni la sfida è più difficile e richiede un team multidisciplinare di esperti in grado di coprire strategia, creatività, produzione, gestione dei canali e gestione dei progetti. Siamo stati costretti a metterci al servizio degli algoritmi, che alla fine determinano il contenuto del feed di ogni utente.
Grandi opportunità
La buona notizia, però, è che i social media rimangono un potente mezzo in cui le persone si connettono, condividono informazioni e raccontano storie che possono mobilitare l’attivismo, ispirando piccole azioni individuali che possono fare la differenza.
Il punto di riferimento in questo ambito è il columnist del New York Times, Nicholas Kristof. Per chi cerca ispirazione su come scrivere post sui social media, Kristof è uno dei migliori: la sua autenticità porta i lettori dritti dentro le storie.
Una volta, ad esempio, ha scritto la storia di una donna la cui vita fu distrutta dopo che le sue foto erano apparse su PornHub senza il suo consenso. Una situazione che si aggravò fino a portare la donna a perdere tutto. Kristof non scrisse la sua storia per chiedere donazioni, ma il suo post spinse così tante persone a dare il loro contributo che la donna riuscì in fretta a ricominciare da capo la sua vita. Ma non solo. L’indignazione causata dall’articolo generò reazioni così forti verso PornHub, che si trovò costretto a modificare le sue policy.
Che cosa ci insegna questo episodio? Che nessuna storia è troppo piccola, perché non si sa mai chi può ascoltarla. E anche se sono solo poche persone, queste possono comunque fare la differenza. Si può essere storyteller di persone e cause, anche solo con un post di testo. Si può farlo con compassione e rispetto per il soggetto. E quando il pubblico commenta, si può sempre trovare il modo di dire come aiutare.
L’impatto positivo sui social media non deve essere definito da milioni di visualizzazioni o migliaia di interazioni. Certo, gli algoritmi su Facebook e Instagram rendono più difficile raggiungere ampie porzioni di pubblico, ma questo non significa che non valga la pena di continuare a scrivere e comunicare.
QUINDI, METTIAMOCI AL LAVORO
La domanda che spesso emerge quando parliamo di idee e strategie con i clienti è “Quali sono le tendenze attuali sui social media, cosa dovremmo fare?”. La risposta è che qualunque siano le tendenze e i nuovi strumenti, l’attenzione deve essere sul contenuto e sulla narrazione, per sensibilizzare e coinvolgere.
I NOVE PASSI DI UNA CAMPAGNA SOCIAL MEDIA EFFICACE

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- 1) Definisci obiettivi realistici e significativi. Questo è il momento di determinare se i social media sono la piattaforma giusta.
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- 2) Crea la tua mappa di pubblico, ovvero:
- – Definisci i tuoi principali pubblici target
- – Determina l’obiettivo della campagna per ciascun gruppo di pubblico
- – Determina il miglior canale per raggiungerli
- – Decidi che tipo di contenuto devi creare per raggiungere e coinvolgere ciascun gruppo di pubblico
- – Definisci i KPI per ciascun pubblico target
- 2) Crea la tua mappa di pubblico, ovvero:
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- 3) Sulla base di ciò che emerge dai passaggi uno e due, definisci la creatività della campagna che risuonerà meglio con la tua mappa di pubblico, sviluppa i messaggi chiave di massima e ovviamente un hashtag.
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- 4) Definisci la tua strategia di contenuto basata su una narrazione che spingerà il tuo pubblico a rimanere coinvolto durante tutta la campagna.
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- 5) Crea un calendario editoriale realistico e definisci gli asset di cui avrai bisogno per eseguirlo.
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- 6) Determina se sarà necessaria una strategia di promozione a pagamento. Se è necessario, definisci il budget, i canali e i contenuti che saranno prioritari per questa operazione.
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- 7) Crea un elenco di sostenitori, partner e influencer che possono amplificare la tua campagna.
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- 8) Quando la produzione degli asset è completa, crea un kit per la tua lista di amplificatori.
- 9) Lancia, misura, aggiusta e… Goditi il viaggio!
BENE VS MALE
Oggi viene giustamente prestata molta attenzione agli impatti dannosi dei social media: hate speech, politica divisiva, bullismo, frodi, fake news,… L’elenco delle storture è davvero troppo lungo. Ma se un’ONG è credibile, i suoi messaggi sono concisi, basati su fatti, dati solidi e informazioni da fonti affidabili, allora può affrontare tutti questi rischi.
Facciamo un esempio.

Diciamo che un’ONG focalizzata sul clima sta conducendo una campagna di sensibilizzazione sulla necessità di fermare l’uso del carbone. Il comportamento tipico degli algoritmi è il seguente: le persone che sono d’accordo con i messaggi dell’ONG vedranno il loro contenuto e, se è convincente, interagiranno e gli algoritmi premieranno l’account/i post con maggiore visibilità.
Tuttavia, se un gruppo pro-carbone vede la campagna e il suo successo, è possibile che questo gruppo decida di creare una contro-campagna piena di messaggi falsi su quanto sia innocuo il carbone. Se poi, questo gruppo pro-carbone dovesse decidere di investire sui suoi contenuti… Voilà, la battaglia social tra il bene e il male ha inizio!

Che cosa può fare allora la ONG? L’ONG voleva solo aumentare la consapevolezza sul cambiamento climatico e ora si trova a combattere una battaglia sulla verità.
Piuttosto che attaccare l’altra parte o rispondere in modo negativo o emotivo ai commenti, la migliore strategia è rispondere in modo educato e professionale. L’ONG dovrà creare una risposta standard basata sui fatti che includa link pertinenti alla fonte delle prove supportate dai dati: usare un tono privo di emozioni è cruciale, non si attacca mai il mittente, si affronta semplicemente il messaggio falso. E, non ultimo, in tutti questi casi, bisogna segnalare sempre qualsiasi post che violi le politiche della piattaforma riguardanti le fake news e le informazioni false.
Un gioco a lungo termine
I social media devono essere considerati come un gioco a lungo termine, in cui dobbiamo rimanere attivi, presenti e reattivi. E soprattutto, essere disciplinati: una strategia di contenuto efficace deve offrire in modo coerente contenuti avvincenti e rilevanti. Se un post è progettato solo per informare alcuni interessati, allora l’email è probabilmente il canale migliore. L’impegno a lungo termine in questa prospettiva darà molti frutti, specialmente per il posizionamento dell’identità della ONG in questione.
TENDENZE EMERGENTI
Gli ultimi dati fanno emergere una certa insoddisfazione degli utenti nei confronti degli algoritmi che curano i loro feed. Molte persone, ad esempio, hanno deciso di tornare “ai vecchi tempi”, passando più tempo nei gruppi e nelle comunità più piccole. Persino Mark Zuckerberg ha parlato di come le persone stiano cambiando le loro abitudini: secondo Facebook, più di 1,4 miliardi di persone partecipano attivamente ai Gruppi ogni mese.
E i canali Telegram e Discord sono diventati enormemente popolari e stanno guadagnando terreno tra le persone che seguono le notizie in tempo reale, proprio come fanno su Twitter (X).
Per le organizzazioni umanitarie, questa è una buona notizia perché possono connettersi direttamente con il loro pubblico creando gruppi che potranno crescere in modo organico anche grazie ai follower più coinvolti.

Naturalmente, i Gruppi Facebook per il cambiamento sociale non sono un nuovo fenomeno. Basti pensare a uno dei migliori casi studio per l’impatto sociale, ovvero il movimento Fridays for Future di Greta Thunberg. In questo caso, la strategia di campagna decentralizzata è stata geniale ed efficace: Greta era la voce principale, ma il potere virale è avvenuto grazie all’azione di singoli individui nelle comunità di tutto il mondo che hanno organizzato centinaia di gruppi locali di Fridays for Future su Facebook.
Grazie della lettura e… ci vediamo online, magari nel prossimo Gruppo Facebook!
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Jeremy Bogen