Alla scoperta dell’arte che sa trasformare il cibo in oggetto del desiderio.
“Si pensa, si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia”. Così scriveva F. T. Marinetti nel suo “Manifesto della cucina futurista” del 1930. Eppure, davanti al billboard di un nuovo yogurt o allo spot tv di un gelato, forse Marinetti direbbe che oggi “si beve e si mangia secondo quel che si sogna.”
O meglio: secondo ciò che l’advertising riesce a far sognare.
Già, perché nell’industria alimentare e nelle abitudini dei consumatori la rappresentazione del cibo oggi gioca un ruolo fondamentale. Le modalità di presentazione del cibo non solo influenzano le decisioni di acquisto, ma possono arrivare a influenzare perfino l’appetito. E se questo è possibile è anche grazie a quell’arte che sa trasformare piatti e ingredienti in puri oggetti del desiderio.
Quest’arte è il food styling.
Un’arte che consiste nella preparazione e presentazione del cibo per la fotografia, i media e la pubblicità.
La rappresentazione del cibo non è di certo una novità.
Il cibo è stato raffigurato fin dalla preistoria, sulle pitture rupestri, ma anche nell’Antica Roma, nei mosaici con scene di banchetti.
Ma non solo.
Cesti di frutta, panini e bicchieri di vino hanno attraversato stili e secoli, passando dalle nature morte dei pittori fiamminghi a quelle di Morandi e Picasso, fino a trasformarsi nelle serigrafie delle zuppe Campbell di Andy Wharol, ovvero nel primo grande incontro-scontro fra arte e advertising.
Insomma, come spesso accade, non ci siamo inventati nulla. O quasi.

Ma che cosa fa davvero un food stylist?
Oggi tante figure contribuiscono al successo di una campagna di food, ma sicuramente un ruolo capace di fare la differenza è quello del food stylist.
Trattandosi di preparazione del cibo si potrebbe pensare che il food stylist sia principalmente un cuoco. Trattandosi di immagini si potrebbe pensare che sia un fotografo specializzato. In alcuni casi può anche essere vero, ma non è questo il punto: il food stylist è la figura che permette a un panettone di non sembrare sgonfio e a un petto di pollo alla griglia di apparire invitante.
Ma per capire meglio cosa fa nella pratica un food stylist, abbiamo chiesto spiegazioni a chi questo mestiere lo fa tutti i giorni.

Luisa Chiddo, esperienza, network e manualità
In collegamento da Dubai – dove si trovava per lo shooting di una campagna per un brand internazionale- alla domanda “Come descriveresti il tuo lavoro?” Luisa Chiddo ci ha risposto decisa: “Faccio il cibo finto per la pubblicità.”
Luisa è una delle più riconosciute e stimate food stylist italiane – anche Blossom ha collaborato con lei- e ama definirsi un’artigiana.
Ha imparato questo lavoro in bottega e, dopo tanta gavetta, oggi sa ricreare per la fotografia un piatto indiano con ingredienti non edibili così come dare vita a un gelato di resina capace di non sciogliersi neppure dopo ore di shooting e fari spot ad alta intensità.
Il suo è un lavoro manuale che non si esaurisce nella manualità.
Per Luisa un buon food stylist deve, infatti, avere anche una lista di fornitori adeguati: dai fruttivendoli di fiducia, capaci di trovare 3 tipi diversi di ciliegie a febbraio, ai produttori di materiali speciali. Ma deve anche essere molto efficiente: “Io ho iniziato negli USA presso una delle più brave food stylist al mondo. Eravamo un team tutto femminile e lei ci faceva lavorare in battaglioni militareschi. È così che ho imparato l’organizzazione” dice Luisa, che aggiunge: “Essere organizzati permette di scattare di più e meglio.”
Oltre a fare immagini attraenti e belle, un set organizzato fa risparmiare ai clienti tempo e costi di post-produzione


Dunque, se in ogni set Luisa resta sempre una food stylist, le skills che mette in campo sono ogni volta diverse. Nonostante l’ampiezza di conoscenze necessarie, la specializzazione resta però una caratteristica fondamentale nel settore. “Che fa tonno, ce n’è uno solo in Italia. Lo sanno tutti!” ci dice Luisa “Io invece sono forte sul gelato. Ma anche in questo campo, in Italia, siamo davvero in pochi.”

Francesca Versolatto, home economist
E fra i pochi food stylist italiani esperti di gelati c’è anche Francesca Versolatto: un curriculum internazionale e uno straordinario dono della sintesi. Per spiegarci che cosa fa un food stylist, Francesca sceglie un esempio: “È un po’ come il make-up artist. Solo che al posto di modelli e modelle abbiamo a che fare con cibo e bevande. Il processo è simile: casting, make-up, ultimi ritocchi e sotto alla macchina. Ovvero, scelta dei prodotti, composizione e creazione, ritocchi e shooting”.
E proseguendo nel parallelismo, Francesca riesce a spiegare con una semplicità invidiabile anche il valore del suo lavoro: “Fare una campagna per un prodotto alimentare senza un food stylist è come fare una campagna per dei prodotti di cosmesi con persone non pettinate e struccate. Voi lo fareste?”
Un esempio, questo, che riesce a fare capire anche che food styling non significa per forza immagini in cui il prodotto è innaturale o fake.
A questo proposito, anzi, Francesca ci svela che l’attuale tendenza è proprio quella di una presentazione sempre più naturale del cibo, in cui anche la post-produzione è spesso “alleggerita”, senza che venga mai meno l’appeal dell’immagine.

L’attuale trend
va verso
immagini
sempre più
naturali,
capaci
di rimandare
a un’idea
di sostenibilità.
Samuela Conti. Oltre l’advertising, dentro lo scroll.
Ma oggi la comunicazione del cibo non è solo advertising. Basti pensare alla quantità di foto di cibo che vediamo tutti i giorni sui nostri feed social, oltre che in programmi tv, libri e riviste.
Di questo, ne sa qualcosa Samuela Conti, food stylist, food photographer e content creator del settore food, che nel suo lavoro spazia da lavori editoriali ai reel sui social network. Il suo è un approccio diverso e complementare rispetto a quello del food styling tradizionale, nato per la pubblicità.
Samuela ci racconta che per lei l’obiettivo resta sempre quello di rendere il cibo desiderabile, ma che oggi la sfida più grande è riuscire a trovare la propria cifra e riconoscibilità.

Chi lavora nell’ambito della comunicazione digitale deve competere con tantissime immagini di food.

“La mia più grande soddisfazione è arrivata quando una persona che non conoscevo ha riconosciuto una mia foto dallo stile, dal set, dai props e dalle luci.” ci dice soddisfatta Samuela. Ma oltre a set e fotografia, in quanto digital content creator, Samuela fa anche molte preparazioni. Ma come funzionano le sue collaborazioni? “Molto spesso mi vengono inviati i prodotti. Io faccio una serie di ricette di prova e, una volta trovata quella che mi sembra ideale, inizio a ideare il set e a scegliere i props. Poi inizio a scattare. Per un reel di solito ho bisogno almeno di una mezza giornata di shooting.”